Se un’azienda riesce a creare un ambiente che spinge le persone a proporre idee senza timore e a non penalizzare eventuali errori compiuti in buona fede, l’innovazione sarà molto più facile e naturale.
Trovare una definizione di “innovazione” che metta d’accordo tutti non è semplice.
Secondo Wikipedia, l’Innovazione è “la dimensione applicativa di un’invenzione o di una scoperta”.
Secondo la Treccani è “l’atto, l’opera di innovare, cioè di introdurre nuovi sistemi, nuovi ordinamenti, nuovi metodi di produzione e sim.”
Per le aziende, l’innovazione è spesso vista come “l’applicazione di un’invenzione tale da conferire a quest’ultima un significato economico” (www.glossariomarketing.it).
Potrei citare altre decine di definizioni, alcune più filosofiche, altre più concrete, ma qui mi interessa soffermarmi su un aspetto in comune: l’innovazione appare sempre come la concretizzazione di un processo creativo, come l’ultimo miglio che trasforma le idee in qualcosa di utile, che prima non c’era.
Esistono numerose scuole e modelli di creatività e innovazione, dal Creative Problem Solving (Osborn-Parnes), ai Sei cappelli per pensare (Edward De Bono), ad altri modelli meno noti ma pur sempre importanti come Synectics (George M. Prince), Triz (Genrich Altshuller), ecc...
Tutti questi approcci si basano su un assunto fondamentale: per innovare è necessario utilizzare modalità di pensiero diverse, a seconda della fase del processo innovativo in cui ci si trova. Già, perché il processo creativo di tutte queste scuole è fondamentalmente il medesimo e composto da quattro macro-tappe:
1) la sfida creativa (un problema da risolvere o qualcosa da inventare) va analizzata e chiarita, poi 2) affrontata creativamente (ad esempio con un brainstorming), quindi 3) analizzata, affinata e trasformata in un progetto. Ma è con l’ultima fase, quella 4) dell’implementazione, che il processo innovativo giunge a compimento, trasformando la sfida iniziale in una soluzione concreta, che porta benefici.
Oltre al processo appena riassunto, i modelli di innovazione hanno in comune un altro aspetto: la necessità di creare determinate condizioni ambientali, che facilitano l’innovazione in un team.
Queste sono:
- la tolleranza all’errore,
- l’accetazione del cambiamento,
- il coinvolgimento democratico nelle decisioni,
- la celebrazione dei successi... e degli insuccessi!
In altre parole, se un’azienda riesce a creare un ambiente che spinge le persone a proporre idee senza timore e a non penalizzare eventuali errori compiuti in buona fede, l’innovazione sarà molto più facile e naturale.
Great Place to Work® Italia ha recentemente premiato i “Best Workplaces for Innovation 2018” (guarda la classifica) le 15 aziende italiane che meglio sono riuscite a creare questo tipo di cultura, creando un ambiente aperto e naturalmente innovativo. Abbiamo anche studiato quali elementi facilitano la creazione di tali ambienti, giungendo ad isolare tre caratteristiche dei manager: quando i capi agiscono coerentemente con quello che dicono, mostrano un interesse sincero per le persone e sono facilmente approcciabili, l’ambiente lavorativo tende ad essere più aperto, tollerante e – quindi – potenzialmente innovativo.
Il discorso sull’innovazione in azienda è stato approfondito nel nostro Webinar del 25 Settembre 2018, anche grazie alla partecipazione di Katia Sagrafena, co-fondatrice di Vetrya, l’azienda al primo posto della nostra classifica “Best Workplaces for Innovation 2018”.
Ecco la registrazione del Webinar: