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Le aziende italiane sono diventate più meritocratiche?

Anche quest’anno la Partnership Forum della Meritocrazia – Great Place to Work® – Duepuntozero lancia la nuova indagine Leadership e Meritocrazia nelle aziende italiane 2015. La novità di quest’anno è che AIDP sarà Partner attivo della ricerca.


Le aziende italiane sono diventate più meritocratiche?

Le aziende italiane sono diventate più meritocratiche?

 

"...I dati hanno dimostrato che in Italia ci sono manager in grado di sviluppare alti livelli di meritocrazia all’interno delle loro aziende ma spesso questi manager lavorano per aziende multinazionali non italiane. Come mai?"

Anche quest’anno la Partnership Forum della Meritocrazia – Great Place to Work® – Duepuntozero lancia la nuova indagine Leadership e Meritocrazia nelle aziende italiane 2015. La novità di quest’anno è che AIDP sarà Partner attivo della ricerca.
Ma come mai insistere su questo tema? Semplicemente perché i risultati dell’anno scorso sono stati molto deludenti e perché sappiamo che la meritocrazia è il tema dei temi in Italia.
Meritocrazia vuol dire maggiori opportunità per i migliori, vuol dire appalti non truccati, vuol dire valutazione delle prestazioni, vuol dire libertà di concorrere, vuol dire una società più giusta fatta da organizzazioni più sane.
Nel corso della scorsa edizione abbiamo intervistato circa 16.000 persone appartenenti a 43 organizzazioni italiane o di cultura italiana che hanno avuto il merito di farsi fotografare da un set di 12 domande selezionate dall’Ing. Roger Abravanel sulla base del questionario standard di Great Place to Work®, questionario al quale rispondono ogni anno più di 5 milioni di lavoratori nel mondo in rappresentanza di circa 7.300 imprese.

 

 Grafico Leadership e Merito


I dati hanno dimostrato che in Italia ci sono manager in grado di sviluppare alti livelli di meritocrazia all’interno delle loro aziende ma spesso questi manager lavorano per aziende multinazionali non italiane. Come mai? Perché, generalmente, nelle aziende internazionali ci sono processi di selezione più̀ moderni, sistemi di valutazione della prestazione oggettivi, comunicazioni trasparenti e obiettivi sfidanti ma raggiungibili. Questi manager sono abituati a lavorare con logiche di meritocrazia appena entrano in azienda. Quando vengono scelti conoscono il proprio sentiero di carriera e gli obiettivi che devono raggiungere per coronarlo, Se li raggiungo bene, altrimenti dovranno imparare di più o lavorare meglio. Queste riflessioni derivano da un gap di 16 punti tra la media delle organizzazioni migliori d’Italia (per la maggioranza multinazionali con sedi all’estero) e le aziende italiane analizzate (Cifr. Graf. 1). Il gap nei confronti delle migliori 3 in classifica arriva addirittura a 27 punti percentuali. Queste distanze aumentano se confrontiamo i dati delle aziende italiane con le migliori aziende in Europa o nel mondo.

La buona notizia è che le top 3 in Italia dimostrano come si possa fare meritocrazia anche nel nostro Paese e che i livelli di meritocrazia riconosciuti dai dipendenti di queste tre aziende sono assolutamente in linea con quelli europei e mondiali, anzi superiori (cifr. Graf 1 confronto 25 Best Europe, 25 best Global).
Se poi confrontiamo i dati delle 43 aziende partecipanti all’analisi e i dati che ci ha confezionato Duepuntozero di Doxa su un campione casuale di lavoratori del Settore Privato e della Pubblica Amministrazione, i risultati sono ancora più demoralizzanti. Le distanze tra i migliori aumentano fino a raggiungere il 44% nel caso del Settore Privato e 61% per la PA.

Un’interessante analisi può essere notata sullo spaccato dell’età dei rispondenti alla ricerca (cirf. Graf 2): mentre all’inizio della carriera lavorativa la percezione dei giovani è quasi uguale tra aziende italiane o estere, col passare del tempo questa percezione scende. Nelle migliori aziende risale ai livelli iniziali, nella media delle aziende italiane continua la parabola discendente. Questo dimostra come i giovani siano abituati a rapportarsi anche a livello internazionale e quando entrano in un’azienda hanno una prospettiva di futuro molto elevata. Poi con il passare del tempo si rendono conto che le loro aspettative non trovano un riscontro con la realtà.

Grafico Leadership e Merito 01


Come uscire da questa spirale? Innanzitutto misurarsi. Iniziare a capire che misurare le variabili soft in azienda ha stessa dignità della misura dei risultati economici. Ricordiamo, a titolo esemplificativo, che la correlazione tra la crescita dei fatturati delle migliori aziende per cui lavorare nel 2015 e i loro risultati dell’indagine di clima organizzativo negli ultimi 5 anni è pari a 0,76. In secondo luogo capire quanto ci dicono i nostri collaboratori. Se lamentano un deficit di leadership e di riconoscimento meritocratico dei nostri manager, forse hanno ragione. E’ quindi necessario investire sulla formazione dei manager in modo che imparino ad essere al servizio dei loro collaboratori e non a distribuire compiti e controllare presenze. Oggi non importa più dove, come o con chi lavori; ciò che conta è la capacità di portare i risultati che ci sono assegnati e, se possibile, farlo con una guida attenta, metodi innovativi, meno dispendiosi in termini di risorse e, perché no, anche fantasiosi.
Partecipare all’indagine Meritocrazia e Leadership 2015 è molto semplice, è gratuito e risulterà molto interessante per qualsiasi manager. Basta sottoporre un semplice questionario di 12 domande alla propria popolazione aziendale. Le aziende che partecipano riceveranno un feedback sui propri risultati, un confronto con i benchmark italiani e, se vogliono, indicazioni su come poter migliorare.
La campagna Leadership e Meritocrazia, sostiene Claudio Ceper, Presidente del Forum della Meritocrazia, consente di valutare il grado di Meritocrazia nelle aziende di matrice italiana e di confrontarlo con le migliori pratiche delle aziende multinazionali. “Inoltre ci permette di sensibilizzare la classe manageriale e imprenditoriale italiana sull'importanza dell'ascolto dei dipendenti e sulla centralità del Merito quale fattore imprescindibile di successo. Ringraziamo quindi Great Place to Work® e AIDP per l'importante contributo tecnico e di sensibilizzazione sull'argomento e auspichiamo un forte aumento della partecipazione al progetto da parte di realtà pubbliche e private nel 2015”.

 


Questo articolo è stato pubblicato sul trimestrale Direzione del Personale, n°173, maggio 2015

Articolo di di Alessandro Zollo, CEO di Great Place to Work® Italia


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