Nell’analisi delle organizzazioni che Great Place to Work® Italia effettua ogni anno, abbiamo pensato di riconoscere e premiare, pubblicando una Classifica ad hoc, le aziende nelle quali la popolazione dei blue collar workers ha espresso un’opinione maggiormente positiva rispetto all’ambiente di lavoro e alla propria esperienza lavorativa.
Lavorando a stretto contatto con le aziende abbiamo avuto l’impressione che i blue collar siano una parte della popolazione lavorativa che non riceve l’attenzione che merita, pur rappresentando ben il 15-16% della forza lavorativa. L’obiettivo è stato, da una parte, quello di osservare questa tipologia di persone e metterla in luce monitorandone l’esperienza lavorativa, e dall’altra -lato management- cercare di comprendere le opportunità e le difficoltà nel
gestire questa categoria di lavoratori, che dopo il Covid, vive una vita molto diversa da quella dei cosiddetti “white collar”.
Pensiamo a una categoria che poco ha usufruito di smartworking e altre modalità di lavoro flessibili, persone che hanno lavorato più che in passato e in situazioni più complesse: una doppia lode alle aziende che sono riuscite a rendere il lavoro di queste persone migliore.
Negli stabilimenti di queste organizzazioni virtuose, l’umanità, l’attaccamento e la fedeltà che troviamo nelle persone è sbalorditivo.
L’attività di ascolto nelle aziende con forte presenza di personale addetto alla produzione presenta delle difficoltà diverse rispetto alle aziende di soli impiegati: non solo l’organizzazione e la logistica sono più complicate – a partire dalla maggiore difficoltà di comunicazione con le persone - , ma anche la motivazione e la creazione del giusto engagement rappresentano una sfida che si rivolge a tutte le aziende del settore.
Tutto ciò è stato ulteriormente aggravato dal contesto socio-economico a cui afferiscono i dati, comprendendo una crisi sanitaria scaturita poi in una crisi economica, la quale nel migliore dei casi ha comportato la messa in cassa integrazione di molti collaboratori mentre nel peggiore la chiusura di aziende. Inoltre, questa tipologia di lavoratori non ha potuto usufruire di forme di lavoro agile o ripensate in base alle esigenze sopraggiunte (new normal), per garantire la continuità del lavoro e della produzione, risultando pertanto una categoria di lavoratori penalizzata rispetto a chi ha potuto, ad esempio, avvalersi dello smart-working.
La classifica e la Metodologia
La classifica Best Workplaces™ for Blue Collar 2022 ha analizzato i dati di oltre 5.300 operai di 45 aziende; il 97% delle organizzazioni analizzate appartiene al settore manifatturiero nelle sue diverse sfaccettature: (tra queste il food & beverages è il settore più rappresentato, seguito da produzione di macchinari e metalli e dal chimico.)
La Classifica Best Workplaces™ for Blue Collar 2022 ha premiato le aziende che hanno ottenuto i punteggi più elevati, in
base ai seguenti indicatori:
• Media Trust Index© del personale operativo in azienda.
• Differenza tra la media Trust Index© di Blue Collar e White Collar.
• Presenza di operai in azienda.
Nel definire il perimetro di analisi della classifica, sono state prese in considerazione principalmente aziende operanti nei settori manifatturiero, chimico ed edilizia.
►► Il Report di approdondimento "Best Workplaces for Blue Collar", con i dati della ricerca legata alla classifica, è liberamente scaricabile
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